Tra i principali effetti della pandemia si è registrata in tutta la sua criticità, la questione del recupero crediti.
Secondo i dati Irec, le aziende hanno registrato un calo di fatturato medio del 20%, ma a preoccupare maggiormente è il calo dell’utile medio che si attesta addirittura al 37%, a tutto discapito della nostra economia.
Il numero delle Pmi che hanno a che fare con committenti e clienti inadempienti aumenta sempre di più, e questo desta serie preoccupazioni per l’andamento economico di tutto il Paese.
Nel Lazio, da un’indagine Irec, è emerso che solamente il 36% delle fatture emesse vengono pagate a scadenza. Le aziende nella situazione post covid19, hanno registrato un calo del fatturato medio del 20%, ma a preoccupare maggiormente è il calo dell’utile medio che si attesta addirittura al 37%.
Altro dato importante riguarda le regioni dove i ritardi nei pagamenti raggiungono addirittura il 71%, con differenze importanti. I ritardi più significativi si registrano in Sicilia (fatture pagate in ritardo 78%, il 31% con ritardo maggiore di 90 giorni), Sardegna (fatture pagate in ritardo 74%, il 29% con ritardo maggiore di 90 giorni) e Umbria (fatture pagate in ritardo 73%, il 26% con ritardo maggiore di 90 giorni).
Come reperire le informazioni
Per recuperare il credito, senza ombra di dubbio bisognerebbe indagare prima di tutto sull’affidabilità di un nuovo committente e prima di perfezionare un contratto di fornitura e intraprendere rapporti commerciali verificare se l’azienda sia iscritta al registro dell’imprese e non abbia fallimenti o procedure esecutive pendenti.
L’imprenditore può reperire tutte queste informazioni dal pubblico registro sui protesti istituito presso la Camera di Commercio. Il recupero del credito prevede una procedura divisa in specifici step. Il tutto deve essere svolto rispettando i limiti temporali fissati. Prima di tutto la Pmi sollecita per iscritto l’adempimento del credito nei confronti del debitore. In assenza di riscontro fattivo, per il tramite di un avvocato, si procederà inviando un’intimazione ad adempiere. In tal caso si assegna un termine, di 15 giorni, entro il quale provvedere.
Nella richiesta viene indicato non solo la sorte capitale, ma anche gli interessi moratori ed eventuali spese accessorie. Se dopo l’intimazione il debitore rimane inerte si apre la fase giudiziale. Le Pmi chiedono al giudice l’emissione di un Decreto Ingiuntivo, ovvero un provvedimento che, in mancanza di opposizione da parte del debitore e in presenza di alcuni presupposti, può diventare un titolo esecutivo per intraprendere le azioni volte al recupero del credito, quali pignoramenti su beni mobili o immobili.
Opposizione del debitore
Il debitore può, a sua volta, assumere un legale e opporsi in giudizio, esponendo le ragioni che sostengono la sua insolvenza. In questi casi però la condizione delle Pmi si complica, poiché i tempi di giustizia necessari per definire questo genere di liti sono abbastanza lunghi. “Per poter effettuare un recupero crediti e pagamenti nel caso in cui l’azienda chiude e viene cancellata dal registro delle imprese, serve agire contro la società stessa oppure contro i soci e l’amministratore a seconda del tipo di costituzione della azienda con recupero crediti o pignoramenti. Nel momento in cui un’azienda chiude e viene cancellata dal registro delle imprese non esiste più e dunque, chi presenta un credito oppure nei casi di pagamenti ancora dovuti, si può scegliere di agire contro di essa.
Affinché il recupero possa andare a buon fine serve seguire passo a passo diverse procedure. Se l’azienda chiude i battenti e ha crediti o pagamenti, molto difficilmente decide di procedere al loro saldo per spontanea volontà. Dunque, la prima cosa da effettuare è l’invio di una lettera di diffida alla società stessa tramite PEC, Posta Elettronica Certificata, in cui sono riportati i motivi del credito che l’azienda vanta e il relativo importo. Il tempo concesso all’azienda per effettuare il pagamento è di 5 giorni. Nel caso in cui l’azienda non volesse rispondere alla tua diffida, è possibile presentare tramite il legare di fiducia o la propria società di recupero del credito, un decreto ingiuntivo in tribunale dando l’avvio all’azione legale.
Questo è un passo che però si deve scegliere di effettuare soltanto nel caso in cui si è nella condizione di avere una prova scritta del credito e del pagamento che l’azienda deve saldare. Ad esempio, se si possiede un contratto firmato con essa. Nel caso questo non fosse possibile, la modalità per ottenere il pagamento dovuto da un’azienda chiusa è quello di procedere al solito procedimento di recupero crediti. Nel caso in cui entrambi in modi dovessero fallire nel loro intento, si procede con il pignoramento.
Se il pignoramento dovesse risultare inutile, si potrà domandare il fallimento, ma solo nei casi di crediti non inferiori ai 30mila euro e l’azienda deve presentare delle determinate condizioni: aver realizzato nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento ricavi lordi per un importo totale annuo che non superi la soglia di 200 mila euro; aver avuto nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 300mila euro; avere debiti non scaduti di importo entro i 500mila euro.
Fonte: Milano Finanza