Alla fine di quest’anno lo stock dei crediti deteriorati nei bilanci bancari si attesterà a 90 miliardi di euro con un Npe ratio inferiore al 5%, ma balzerà a 113 miliardi di euro alla fine del 2023 (Npe ratio al 5,9%), secondo quanto emerge dal report Market watch Npl, edizione di settembre 2021 realizzato da Banca Ifis e presentato oggi all’Npl Meeting a Cernobbio dall’ad di Banca Ifis, Frederik Geertman. Questo trend è la conseguenza dell’aumento del tasso di default nel 2022 per il termine delle moratorie, destinato a diminuire già nel 2023.

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Comunque, i nuovi flussi di credito deteriorato, pari a 41 miliardi nel 2022 e a 32 miliardi nel 2023, saranno inferiori ai 71 miliardi registrati nel solo 2013 sia in valore assoluto sia in termini percentuali. A settembre di quest’anno i finanziamenti ancora in moratoria sono il 25% (71 miliardi) delle richieste effettuate inizialmente (280 miliardi), per il 77% in capo a imprese. Mentre dal 2022 lo stock degli unlikely to pay (utp, le esposizioni creditizie per le quali la banca giudica improbabile il rimborso totale) sarà superiore al volume delle sofferenze.

“In genere le moratorie tendono a congelare la situazione. In questo caso, invece, è stato trovato un equilibrio importante perchè la moratoria è stata accompagnata dalle garanzie il che ha permesso alle banche di tenere aperti i rubinetti del credito”, ha chiarito Aurelio Maccario, Head of Group Credit Risk di Unicredit, intervenendo all’Npl Meeting. Moratorie chieste soprattutto dalle imprese che “stanno meglio”, ha indicato Maccario per il quale è importante consolidare la crescita economica, un “+4,5% porrebbe le condizioni ideali per mantenere i default rate su livelli bassi”.

Solo quest’anno il totale delle esposizioni deteriorate (npl e utp) dovrebbe attestarsi in Italia a 345 miliardi di cui, appunto, 90 miliardi ancora sui libri bancari e il resto ceduto agli operatori del settore che giocano un ruolo importante nella stabilità del sistema finanziario. Lo stock nel 2023 dovrebbe toccare quota 430 miliardi di cui solo un quarto peserà sui bilanci bancari, sempre secondo quanto emerge dal report Market watch Npl.

Non mancheranno, naturalmente, le cessioni di portafogli npl. Quest’anno dovrebbero raggiungere quota 34 miliardi con un’incidenza del 26% del mercato secondario sempre più dinamico. Nel biennio 2022-2023 più che raddoppieranno a 80 miliardi di valore. In crescita a 11 miliardi anche le operazioni sui portafogli utp (20 miliardi le transazioni stimate per questa asset class tra il 2022 e il 2023).

Il tutto con un aumento medio dei prezzi degli npl unsecured di riflesso alla migliore qualità dei portafogli in termini di documentazione e minor vintage. Invece, il pricing medio dei portafogli secured e utp resta condizionato da grandi operazioni e dalle transazioni assistite da Gacs. “Prevediamo uno scenario di prezzi di portafogli in aumento perché a fronte di questa offerta” di Npl “vediamo anche una forte domanda in cerca di rendimenti. Questo incremento dei prezzi riguarderà tutte le categorie” di Npe”, ha spiegato Frederik Geertman, ceo di Banca Ifis, nel corso dell’Npl Meeting in corso a Cernobbio. “Dal nostro punto di vista serve, quindi, automatizzazione, ingegnerizzazione, sofisticazione dei processi e una grande attenzione alla sostenibilità”.

A conti fatti nei primi nove mesi di quest’anno sono state finalizzate transazioni npl per 8 miliardi di euro. Entro fine anno ne sono attese per 26 miliardi e sul fronte utp per 10 miliardi. E con la proroga di un anno delle Gacs si prevedono circa 7 miliardi di nuove operazioni garantite per un ammontare totale di 94 miliardi di portafogli cartolarizzati dal 2016 a oggi.

Con un occhio al calendar provisioning che “non potrà non avere un impatto sui bilanci delle banche perché richiederà o una gestione dei crediti molto anticipati, anche internamente, oppure cercando o configurando partnership con operatori terzi specializzati”, ha affermato Ida Mercanti, Head of the Banking Supervision 1 Directorate, di Banca d’Italia. “Sicuramente il calendar provisioning rappresenta una spinta molta forte in questa direzione”.

Sette i servicer impegnati nei deal realizzati finora, l’80% di questo ammontare è concentrato sui primi 4 operatori: Dovalue, Prelios, Cerved e Credito Fondiario. Le performance di recupero quest’anno, mette ancora in evidenza il rapporto di Banca Ifis, sono generalmente in calo, a eccezione di due portafogli: solo POP npls 2018 e BCC NPLs 2019 superano il target.

Chi cresce a un ritmo elevato dal 2013 è il settore dell’Industry npl: +21% i ricavi, +12% le masse in gestione, +35% gli investimenti, +14% l’ebitda e +16% l’occupazione. Alla fine del 2020 i primi dieci servicer gestivano oltre 300 miliardi di crediti deteriorati. I primi tre investitori: Amco, Ex Quaestio capital management e Banca Ifis hanno acquisito 80 miliardi di euro di volumi dal 2015 a settembre di quest’anno quando gli operatori hanno stimato una crescita dei fatturati del 6% e dei margini del 15%.

“Oggi questi attori sono in grado di assorbire i crediti deteriorati con efficacia ed efficienza e si rendono protagonisti della ripresa”, ha assicurato l’ad di Banca Ifis, convinto che l’impatto sui bilanci bancari sarà gestibile grazie al derisking operato dagli istituti e alla presenza dell’industria di investimento e servicing degli Npl che si è specializzata investendo in competenze e tecnologie. “Ci sono poche industrie che possono vantare una crescita di reddittività e occupazione come l’Npl Industry. La sfida è dotarsi di sempre più efficaci strumenti finalizzati a una gestione attiva, sostenibile e professionale dei crediti deteriorati”.

Il clima di ripresa si riversa anche sul mercato immobiliare: le compravendite potrebbero arrivare, nel 2021, a 600mila unità immobiliari residenziali. Inoltre, l’esercizio potrebbe chiudersi con 125.000 immobili in asta per 11 miliardi di valore. Il Covid-19 ha ridotto l’attività giudiziaria in questo settore: si stimano, per la diminuzione di aste e pignoramenti, 13 miliardi di euro di valore immobiliare fermo nelle corti di tribunale (cash in court). La buona notizia arriva, invece, dagli effetti positivi generati dall’avvio del processo telematico e della riforma del 2015, con la riduzione di circa due anni, tra il 2018 e il 2020 del tempo medio di chiusura delle aste che scontano comunque ancora 5,8 anni di vita media.

Geertman si è, infine, soffermato sul nuovo piano industriale di Banca Ifis, “siamo partiti coi lavori”. Ed è in corso un’operazione importante per il gruppo: il trasferimento della sede della holding dall’Italia alla Svizzera che dovrebbe avere un impatto sul capitale regolamentare “molto positivo. Ci sono delle condizioni sospensive per quest’operazione, la riteniamo probabile, ma non sicura. Fra queste c’è un parere che deve arrivare dall’Agenzia delle Entrate sull’impatto fiscale. Riteniamo più responsabile presentare questo piano quando avremo visibilità sulla risposta o alla fine del 2021 o nei primissimi mesi del 2022”, ha annunciato il ceo della banca.

Un piano che non prevede fusioni trasformative, “si basa sui punti di forza della nostra banca. E’ un piano di crescita, non è un piano che prevede operazioni trasformative, potremmo fare qualche operazione tattica se troveremo qualcosa di interessante, ma non pensiamo di fare fusioni trasformative, cose che mettano in discussione il nostro attuale assetto”, ha puntualizzato Geertman. Quindi un piano sostanzialmente di crescita organica e di valorizzazione delle eccellenze che già esistono nella banca: “non solo il business degli Npl, ma anche il business della banca commerciale”. L’istituto andrà anche ad accelerare la digitalizzazione delle attività e, dopo la rottura delle trattative con Credito Fondiario e Ibl Banca, “guarda sempre a nuove possibili partnership, ma non ha in corso colloqui con nessuno”. In borsa, intanto, il titolo Banca ifis sale dello 0,13% a quota 15,99 euro. (riproduzione riservata).

Fonte: milanofinanza.it